RISO - AGELO BIANCO -
Il giallo è un colore intenso, che diventa
accecante quando appartiene a un raggio di sole che il mio occhio
mette a fuoco, e può avere la capacità di stendermi letteralmente a
terra se proviene dalla fluida chioma di un’avvenente bionda, ed è
fantastico come tinta di una cravatta su un completo scuro, ma il mio
ricordo d’infanzia lo collega sempre al grano, agli sconfinati campi
che si stendevano dietro la mia casa, ai percorsi labirintici che mi
inventavo attraverso la sua distesa, e alle cadute più clamorose che
si potevano fare sul suo letto dopo una corsa estenuante. Queste
sensazioni mi avvampano quando, a tavola con amici veneti e lombardi,
ritrovo la famigliare tonalità nella dorata polenta fumante,
scodellata con incredibile maestria nel veneto “panaro”, e
un’identica sensazione la provo nell’assaggio nel piatto più
affascinante e più giallo della cucina milanese, il risott giald,
meglio conosciuto come risotto allo zafferano, in cui spicca l’uso
della spezia colorata derivata dal fiore di croco, che si sposa in
una terra così spesso avvolta dal freddo e velata dalla nebbia.
Il verde è il colore che ha dominato il panorama
della finestra della mia stanza, dove appoggiavo lo sguardo tra una
lezione e l’altra, sulla distesa di ulivi che si stagliava lontano
fino all’orizzonte, e imprimevo le sfumature di colore che le stagioni
donavano di volta in volta, affascinato dalla potenza della macchia
mediterranea. Sgrano gli occhi e ritrovo il colore dei miei alberi,
nella sfumatura primaverile, in un delicato risotto veneto condito con
piselli, meglio chiamato localmente risi e bisi, e non posso
fare altro che ammettere che la modalità di cucinare il riso mi sta
conquistando alla grande, tanto che ho voluto assaggiare la maggior
parte delle infinite varianti in cui può essere preparato.
E’ rosso come il tramonto sul mare il risotto
trevigiano al radicchio, ed è cupo come il riflesso del crepuscolo
dopo il temporale quello all’amarone nel veronese, ed è incredibile
per me che sono cresciuto a spaghetti pomodoro e basilico, ricredermi
e ritrovarmi a chiedere gentilmente, ma determinato, che gli inviti a
cena siano a base di risotto, sperimentando a tavola gli abbinamenti
di questo incredibile cereale.
La gara ai colori è aperta, da quello scuro
della terra nel risotto al tartufo dei colli Berici, alla tonalità più
chiara di quello alle castagne piemontesi, e la tenzone prolifera tra
tutte le regioni del nord, a colpi di fave, zucca, bietole e funghi.
Non posso tralasciare il nero, come il dorso di
cinghiale che vidi da piccolo, e nero come la profondità della laguna
veneta e la rifrazione dello specchio d’onda che osservo oggi dal
vaporetto, e ritrovo in un gustoso e scurissimo piatto di riso alle
seppie.
Mantecato con sapienza, sempre sorprendente,
posso eleggere quest’arcobaleno di gusto tra i miei favoriti e
assolutamente sostituirlo alla pasta di grano dura, senza alcun senso
di colpa. La notevole versatilità di impiego in cucina lo sposa
armoniosamente a carne, pesce, uova, formaggi, frutta, verdura così
come variegati condimenti, sughi, salse, gli si attagliano
perfettamente, tanto che per me è inequivocabilmente divenuto il
secondo tra “i primi”.
Di recente inoltre ho imparato ad apprezzarne
anche le doti più propriamente organolettiche e nutrizionali. Buona
fonte di energia (circa 350 Kcal per etto), il riso apporta
all’organismo il combustibile principe, l’amido, a “lento rilascio”.
Ciò, oltre a protrarre la sensazione di sazietà, ( al contrario di
carne e pesce e alla stregua di pasta e legumi, incamera acqua durante
la cottura, fino a pesare più del doppio che a crudo) consente che il
contenuto di zucchero nel sangue (glicemia) salga lentamente, con
ripercussioni positive soprattutto per i pazienti diabetici.
La pasta ha tuttavia un indice glicemico più
basso, con minori conseguenze su glicemia e insulinemia e una maggiore
completezza dei suoi amidi. Per contro il riso vanta una maggiore
digeribilità, grazie ai granuli dei suoi amidi, 20-40 volte inferiori
rispetto a quelli della pasta, il che consente un valido contatto con
i succhi gastrici. La componente glucidica del riso ha poi un effetto
modulatorio sulla flora intestinale, selezionando batteri che
garantiscono una resistenza alla colonizzazione intestinale da parte
dei patogeni, tanto che a tuttora è ancora in voga la prescrizione del
“riso in bianco” contro le affezioni flogistiche intestinali, così
come è da sempre considerato alimento principe per convalescenti e
neonati.
Le proteine del riso non contengono glutine e
quest’aspetto lo rende proponibile anche verso chi soffre di celiachia.
In Italia vengono commercializzate numerose
varietà di riso, riconducibili ai seguenti gruppi principali:
Comune, dotato di chicchi piccoli e tondeggianti
e adatto alle preparazioni di zuppe, dolci.
Semifino, con chicchi semiallungati e di media
grandezza, si presta alla preparazione di minestroni, timballi,
risotti.
Fino, dai chicchi lunghi e affusolati,
estremamente adattabile per i risotti.
Superfino, dai chicchi grandi e molto lunghi,
tiene bene la cottura, rilasciando pochissimo amido e apprezzato in
ricette quali paella, insalate, che prevedono chicchi ben sgranati.
Il parboiled non
è una varietà di riso, ma il risultato di un trattamento idro-termico
che permette al riso di conservare intatto il suo patrimonio
vitaminico e minerale e avere una miglior tenuta in cottura.