Home          

                                              11.2010

 

RISO - AGELO BIANCO -

Il giallo è un colore intenso, che diventa accecante quando appartiene a un raggio di sole che il mio occhio mette a fuoco, e  può avere la capacità di  stendermi letteralmente a terra se proviene dalla fluida chioma di un’avvenente bionda, ed è fantastico come tinta di una cravatta su un completo scuro, ma il mio ricordo d’infanzia lo collega sempre al grano, agli sconfinati campi che si stendevano dietro la mia casa, ai percorsi labirintici che mi inventavo attraverso la sua distesa, e alle cadute più clamorose che si potevano fare sul suo letto dopo una corsa estenuante. Queste sensazioni mi avvampano quando, a tavola con amici veneti e lombardi, ritrovo la famigliare tonalità nella dorata polenta fumante, scodellata con incredibile maestria nel veneto “panaro”,  e un’identica sensazione la provo nell’assaggio nel piatto più affascinante e più giallo della cucina milanese, il risott giald, meglio conosciuto come risotto allo zafferano, in cui spicca l’uso della spezia colorata derivata dal fiore di croco, che si sposa  in una terra così spesso avvolta dal freddo e velata dalla nebbia. 

Il verde è il colore che ha dominato il panorama della finestra della mia stanza, dove appoggiavo lo sguardo tra una lezione e l’altra, sulla distesa di ulivi che si stagliava lontano fino all’orizzonte, e imprimevo le sfumature di colore che le stagioni donavano di volta in volta, affascinato dalla potenza della macchia mediterranea. Sgrano gli occhi e ritrovo il colore dei miei alberi, nella sfumatura primaverile, in un delicato risotto veneto condito con piselli, meglio chiamato localmente risi e bisi, e non posso fare altro che ammettere che la modalità di cucinare il riso mi sta conquistando alla grande, tanto che ho voluto assaggiare la maggior parte delle infinite varianti in cui può essere preparato.

E’ rosso come il tramonto sul mare  il risotto trevigiano al radicchio, ed è cupo come il riflesso del crepuscolo dopo il temporale quello all’amarone nel veronese, ed è incredibile per me che sono cresciuto a spaghetti pomodoro e basilico, ricredermi e ritrovarmi a chiedere gentilmente, ma determinato, che gli inviti a cena siano a base di risotto, sperimentando a tavola gli abbinamenti di questo incredibile cereale.

La gara ai colori è aperta, da quello scuro della terra nel risotto al tartufo dei colli Berici, alla tonalità più chiara di quello alle castagne piemontesi, e la tenzone prolifera tra tutte le regioni del nord, a colpi di fave, zucca, bietole e funghi. 

 Non posso tralasciare il nero, come il dorso di cinghiale che vidi da piccolo, e nero come la profondità della laguna veneta e la rifrazione dello specchio d’onda che osservo oggi dal vaporetto, e ritrovo in un gustoso e scurissimo piatto di riso alle seppie.

Mantecato con sapienza, sempre sorprendente, posso eleggere quest’arcobaleno di gusto tra i miei favoriti e assolutamente sostituirlo alla pasta di grano dura, senza alcun senso di colpa.  La notevole versatilità di impiego in cucina lo sposa armoniosamente a carne, pesce, uova, formaggi, frutta, verdura così come variegati condimenti, sughi, salse, gli si attagliano perfettamente, tanto che per me è inequivocabilmente divenuto il secondo tra “i primi”.

Di recente inoltre ho imparato ad apprezzarne anche le doti più propriamente organolettiche e nutrizionali. Buona fonte di energia (circa 350 Kcal per etto), il riso apporta all’organismo il combustibile principe, l’amido, a “lento rilascio”. Ciò, oltre a protrarre la sensazione di sazietà, ( al contrario di carne e pesce e alla stregua di pasta e legumi, incamera acqua durante la cottura, fino a pesare più del doppio che a crudo) consente che il contenuto di zucchero nel sangue (glicemia) salga lentamente, con ripercussioni positive soprattutto per i pazienti diabetici.

La pasta ha tuttavia un indice glicemico più basso, con minori conseguenze su glicemia e insulinemia e una maggiore completezza dei suoi amidi. Per contro il riso vanta una maggiore digeribilità, grazie ai granuli dei suoi amidi, 20-40 volte inferiori rispetto a quelli della pasta, il che consente un valido contatto con i succhi gastrici. La componente glucidica del riso ha poi un effetto modulatorio sulla flora intestinale, selezionando batteri che garantiscono una resistenza alla colonizzazione intestinale da parte dei patogeni, tanto che a tuttora è ancora in voga la prescrizione del “riso in bianco” contro le affezioni flogistiche intestinali, così come è da sempre considerato alimento principe per convalescenti e neonati.

Le proteine del riso non contengono glutine e quest’aspetto lo rende proponibile anche verso chi soffre di celiachia.

In Italia vengono commercializzate numerose varietà di riso, riconducibili ai seguenti gruppi principali:

Comune, dotato di chicchi piccoli e tondeggianti e adatto alle preparazioni di zuppe, dolci.

Semifino, con chicchi semiallungati e di media grandezza, si presta alla preparazione di minestroni, timballi, risotti.

Fino, dai chicchi lunghi e affusolati, estremamente adattabile per i risotti.

Superfino, dai chicchi grandi e molto lunghi, tiene bene la cottura, rilasciando pochissimo amido e apprezzato in ricette quali paella, insalate, che prevedono chicchi ben sgranati.

Il parboiled non è una varietà di riso, ma il risultato di un trattamento idro-termico che permette al riso di conservare intatto il suo patrimonio vitaminico e minerale e avere una miglior tenuta in cottura.

 

Copyright 10/2010 by Di Roio